La stanza del “Cannocchiale”, il Salottino Pompeiano, l’Incannucciata e gli artisti di Campolieto

 La stanza denominata del “Cannocchiale” situata lungo la strada principale  offre una magnifica vista sul Vesuvio, fu affrescata nel 1771 da Jacopo Cestaro. In questa composizione, Cestaro dipinse le imponenti figure di Mercurio e Minerva al centro di una serie di colonnati tuscanici, eseguiti invece da Gaetano Magrì, che richiamano il colonnato esterno di Campolieto. Le volte dei tre ambienti successivi, con le figure di Apollo, Diana e Aurora, nell’ala privata dell’appartamento nobile, furono invece decorate da Cestaro insieme a Fedele Fischetti, e rappresentano una serie di scelte stilistiche coerenti, unite dal tema della luce. Ogni artista mostra la propria firma stilistica e la propria competenza che lo rendeva facilmente identificabile ma comunque allineato alle direttive dell’architetto. Quest’ultimo non si occupa solo della progettazione architettonica, ma sovrintende anche al progetto complessivo del complesso di Resina, curando ogni dettaglio, dalla disposizione degli spazi al decoro di ogni elemento. È degno di nota il fatto che gli affreschi riflettano una sofisticata estetica barocca tendente al classicismo, perfettamente in sintonia con lo stile voluto da Vanvitelli. Gli affreschi vari presenti nella villa rispondono a un preciso progetto iconografico ideato dallo stesso architetto. Gli affreschi vari presenti nella villa rispondono a un preciso progetto iconografico ideato dallo stesso architetto. Le decorazioni degli interni, soprattutto nelle salette di passaggio, riprendono i motivi e le atmosfere dei giardini, fungendo da mappa semantica di quest’ultimi mentre invece le architetture dei colonnati, le statue presenti nei giardini e le fontane, creano un dialogo incessante tra gli spazi interni ed esterni, tra gli ambienti chiusi e le aree all’aperto. L’uso di false architetture consente inoltre di ingrandire illusoriamente gli ambienti piccoli o poco illuminati, mentre l’impiego del trompe l’oeil rende ancora più realistici i punti luce.

Il Salottino Pompeiano, ultimo ambiente sul lato destro del piano nobile, è una testimonianza dell’impegno della famiglia Di Sangro nel decorare con gusto ed eleganza i propri appartamenti, stanze e salotti, nonostante fosse un luogo di svago informale. Qui, la ricercatezza dei decori, l’utilizzo dei colori caldi e la raffinatezza dei finti camei alle pareti suggeriscono che questo ambiente fosse probabilmente riservato alla duchessa Marianna di Sangro come spazio intimo e privato.

Nella contemporaneità  lo stanzino affrescato è occupato da  una piccola collezione di presepi tra cui spicca uno “scarabattolo” con la rappresentazione della Villa Campolieto nel contesto presepiale. Questa collezione è il frutto di donazioni fatte alla Fondazione da esperti presepisti, in seguito a mostre dedicate all’arte del presepe ospitate negli anni precedenti all’interno delle sale di Campolieto.

La sala più iconica di Villa Campolieto, conosciuta come “l’Incannucciata”, era originariamente destinata alla sala da pranzo della famiglia; questo ambiente è noto perla sua tecnica costruttiva particolare, che implica l’utilizzo di canne di fiume come base per uno strato di stucco, dando così il nome all’ambiente. Questa tecnica consente di modellare lo stucco per creare semi cupole agli angoli e una grande volta cupolata al soffitto. La sala fu completata nel luglio del 1772 da Pietro Antonio Checchi e Carmine Savatore, citati per la loro maestria nell’applicazione della tecnica voluta da Vanvitelli per unire architettura e decorazione. Il crollo parziale della struttura ha rivelato la struttura a volta a botte e i materiali impiegati, tra cui mattoni di tufo giallo e un rivestimento di lapillo per la parte a volta. Sull’intonaco si trova l’affresco, iniziato da Fedele Fischetti alla fine dell’estate dello stesso anno, insieme a Gaetano Magrì, scelto appositamente per le sue abilità nelle prospettive e nelle vedute affrescate. L’affresco raffigura un pomeriggio trascorso all’interno del giardino della villa, ispirato ai viridarium antichi e ai moderni giardini d’inverno. Al centro, un grande gazebo circolare, adornato di piante rampicanti, statue e puttini, si staglia nella campagna circostante, tra alberi di pino e vista sul mare. Alle due estremità della tavola, si ipotizza la presenza dei padroni di casa, mentre il resto delle figure rappresenta le attività tipiche di una giornata nella villa vesuviana: giochi di carte, conversazioni, preparativi per la cena, servizio di bevande, intrattenimento musicale. Gli ospiti sono elegantemente vestiti con abiti di seta, parrucche e gioielli, offrendo uno sguardo prezioso sull’aristocrazia napoletana durante un momento di svago e rappresentanza. Nell’angolo vicino alla porta che dà sul vestibolo, l’architetto Luigi Vanvitelli è raffigurato osservando l’immagine riprodotta nella stanza, testimoniando così il suo coinvolgimento nel progetto e la sua visione per la villa dei Di Sangro a Resina.

Nel 1981, questa stanza è stata utilizzata per una scena importante del film “La pelle” di Liliana Cavani, tratto dal romanzo di Curzio Malaparte, con Claudia Cardinale e Marcello Mastroianni. La fontana del cafehause, riprodotta sullo sfondo, è ancora presente nell’attuale giardino del lato Napoli.